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Gli oppiacei hanno una storia millenaria nel trattamento del dolore, che risale all’antica civiltà sumera (intorno al 3400 a.C.), dove il papavero da oppio (Papaver somniferum) era noto come la "pianta della gioia" e utilizzato per alleviare il dolore e per le sue proprietà sedative. Le sue proprietà furono ben documentate anche in Egitto e in Grecia, dove Ippocrate descrisse l’uso dell’oppio come rimedio contro la tosse e per la gestione del dolore.
Nel XVII e XVIII secolo, la diffusione dell’uso medico dell’oppio si intensificò in Europa, e nel 1806, il farmacista tedesco Friedrich Sertürner isolò per la prima volta la morfina, il principale alcaloide attivo nell’oppio. Da quel momento, la morfina divenne uno degli analgesici più potenti e diffusi, utilizzata estensivamente soprattutto nelle guerre del XIX e XX secolo per il trattamento dei soldati feriti. Durante il XX secolo, grazie ai progressi nella chimica, vennero sintetizzati altri derivati dell’oppio come la codeina, l’ossicodone e, in tempi più recenti, la fentanil, sviluppati per avere un’efficacia variabile e un controllo maggiore sugli effetti collaterali.
Gli oppiacei agiscono principalmente sui recettori mu (μ) presenti nel sistema nervoso centrale e nel sistema nervoso periferico, inibendo la trasmissione del segnale del dolore e modulando la percezione del dolore stesso. Questa modulazione del dolore avviene sia a livello del midollo spinale che a livello cerebrale, creando un effetto analgesico potente. Alcuni oppiacei, come la morfina, agiscono direttamente sui recettori del dolore, mentre altri come il fentanil e la buprenorfina hanno una maggiore potenza e una differente durata d’azione, che permette un uso variabile a seconda della gravità e della tipologia di dolore.
Gli oppiacei sono usati principalmente per il trattamento del dolore acuto e del dolore cronico di intensità medio-grave. Le loro applicazioni più comuni includono:
Gli oppiacei, pur essendo potenti analgesici, presentano anche un potenziale elevato di effetti collaterali e di dipendenza. Tra gli effetti indesiderati più comuni si trovano la sonnolenza, la costipazione, la nausea e il prurito. Inoltre, gli oppiacei comportano un rischio significativo di tolleranza (richiesta di dosaggi progressivamente più alti) e dipendenza fisica e psicologica, soprattutto nel contesto di trattamenti a lungo termine. La crisi degli oppiacei, in particolare negli Stati Uniti, ha portato a una maggiore consapevolezza sui rischi di abuso e ha stimolato la ricerca per trovare alternative più sicure nella gestione del dolore cronico.
Negli ultimi decenni, l'uso degli oppiacei è stato attentamente rivalutato, specialmente nella terapia del dolore cronico non oncologico, dove sono preferibili strategie di gestione multimodali, che integrano diverse tipologie di trattamenti farmacologici e non. L'uso degli oppiacei, quando appropriato, è oggi accompagnato da rigorosi protocolli di monitoraggio per garantire un bilancio tra i benefici terapeutici e la prevenzione di abusi e dipendenza.
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