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La cannabis ha una lunga storia di utilizzo terapeutico che risale a migliaia di anni fa. Le sue proprietà medicinali sono state documentate in antiche civiltà, tra cui quella cinese, egizia e indiana. Nel 2737 a.C., l’imperatore cinese Shen Nung la prescriveva per trattare diversi disturbi, tra cui dolori articolari, reumatismi e problemi gastrointestinali. Anche in India veniva usata in forma di decotti e infusi per combattere il dolore e migliorare l'umore. Gli egizi, invece, la impiegavano come antinfiammatorio e come rimedio per il mal di testa e il mal di schiena. Nel mondo islamico medievale, medici come Avicenna ne descrissero le proprietà analgesiche, mentre i romani, come Plinio il Vecchio, la menzionavano per scopi terapeutici.
Nel XIX secolo, la cannabis è stata largamente studiata e utilizzata in Europa e negli Stati Uniti. Il medico irlandese William B. O'Shaughnessy ne documentò le proprietà analgesiche e anticonvulsivanti, contribuendo alla sua diffusione nelle pratiche mediche occidentali. Tuttavia, nel XX secolo, con l’introduzione delle leggi anti-cannabis, il suo uso medico venne progressivamente vietato in molti paesi. Solo negli ultimi decenni, grazie alla ricerca sui suoi componenti attivi come il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD), è stata rivalutata come opzione terapeutica.
I componenti attivi della cannabis, in particolare THC e CBD, agiscono sul sistema endocannabinoide del corpo umano, che svolge un ruolo cruciale nella modulazione del dolore, dell’umore, della memoria e della risposta immunitaria. Il THC è noto per le sue proprietà analgesiche e psicoattive, mentre il CBD ha effetti antinfiammatori, antiepilettici e ansiolitici, senza gli effetti psicoattivi del THC.
Attualmente, la cannabis medica è impiegata in diverse aree terapeutiche:
Nonostante l'efficacia dimostrata in diverse patologie, l’uso della cannabis medica richiede un’attenta valutazione. Effetti collaterali come sonnolenza, secchezza delle fauci, vertigini e in alcuni casi sintomi psicoattivi (soprattutto legati al THC) devono essere monitorati e gestiti con attenzione, specialmente in pazienti con condizioni psichiatriche preesistenti.
L’uso della cannabis in terapia del dolore cronico continua ad essere un’area di ricerca dinamica, con particolare interesse per le sue potenzialità nel trattamento delle condizioni non rispondenti agli approcci farmacologici tradizionali.
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